Stent uretrale
Perché l’utilizzo dello stent uretrale è fortemente sconsigliato?
Nel 1980 è stato introdotto l’uso dello Stent uretrale metallico a permanenza nel trattamento delle stenosi uretrali.
Dopo un iniziale entusiasmo e l’espansione di indicazione ai vari segmenti uretrali, i risultati hanno evidenziato una bassa percentuale di successo a lungo termine ed un elevato rischio di complicanze.
Per quanto riguarda i risultati a breve termine (meno di 18 mesi) dell’Urolume, la percentuale di successo è stata stabilita intorno al 86-100% mentre quella a medio termine (24-36 mesi) subisce già delle riduzioni, essendo di 42-90%. I risultati a lungo termine (più di 10 anni) dimostrano chiaramente un ulteriore ribasso con una percentuale di successo di solo 13-45% [1]. In conclusione, questi risultati sono deludenti rispetto all’eccellente percentuale di successo a lungo termine dell’uretroplastica, una percentuale >90%.
Per quanto riguarda gli studi che si concentrano sull’utilizzo degli stent, c’è da dire che i risultati sono incentrati unicamente sulla pervietà del lume, sottovalutando, però, effetti secondari come il dolore nell’area dello stent, i fastidi sessuali, la conseguente disfunzione erettile, la formazione di calcoli, le infezioni ricorrenti del tratto urinario, la disuria, l’incrostazione dello stent, lo sgocciolamento postminzionale, e l’incontinenza; tutti sintomi che danneggiano in maniera importante la qualità di vita del paziente.
I principali problemi collegati all’utilizzo degli stent riguardano una sovraccrescita iperplastica con stenosi intraluminale o lo sviluppo di una nuova stenosi all’estremità distale o prossimale della protesi. Anche se questi problemi possono essere trattati attraverso delle uretrotomie ripetute e dilatazioni, la percentuale di fallimento rimane comunque alta.
Inoltre, la rimozione endoscopica dello stent risulta spesso impossibile, necessitando in ultima istanza di interventi chirurgici molto complessi; in alcuni casi è possibile rimuovere lo stent estraendo uno ad uno i fili di metallo, ma spesso l’unica soluzione possibile rimane la rimozione in blocco dell’uretra fibrosa insieme allo stent incarcerato.
Parlando di scelte chirurgiche e dei principi moderni applicabili nel trattamento delle stenosi, non si deve dimenticare che alla base della chirurgia ricostruttiva dell’uretra c’è la preservazione dell’organo, mediante l’aumento dei tessuti uretrali oppure mediante la rimozione dell’uretra cicatriziale e l’ anastomosi. L’utilizzo degli stent non rispetta nessuno di questi due concetti, visto che la spongiofibrosi pre-esistente non viene asportata e lo stent danneggia ulteriormente i tessuti, provocando l’espansione della fibrosi ed il peggioramento delle condizioni locali dell’organo [4].
Anche se lo stent rappresenta il sogno di risolvere le stenosi dell’uretra attraverso un metodo facile e minimamente invasivo, sfortunatamente non si è dimostrato un’alternativa esente di rischi. Di conseguenza, gli urologi che posizionano uno stent permanente devono considerare il rischio, non basso, di danneggiare l’organo e di conseguenza la qualità di vita del paziente [3].
Esperienza in merito agli stent uretrali
Caso clinico di rimozione stent metallico
Come si vede bene dalle foto lo stent metallico ha distrutto completamente l’uretra che non risulta utilizzabile per una ricostruzione, per cui nel caso specifico è stata effettuata una perineostomia di salvataggio.
Foto 1-2: uretrocistografia retrograda e minzionale dove si vede bene lo stent e le stenosi causate dallo stent.


Caso clinico di rimozione di stent di nuova generazione







Come si può vedere nelle foto 3-4-5-6-7, l’uretra in cui vi era lo stent risulta cicatriziale e la mucosa distrutta e non utilizzabile per una riparazione in tempo unico (foto 8-9).
Per approfondimenti:
Management of urethral stent failure for recurrent anterior urethral strictures.
Palminteri E, Berdondini et Al
Eur Urol. 2010 Apr;57(4):615-21.